60° anniversario dell’insurrezione tibetana contro l’occupazione militare cinese
Oggi 10 marzo, è il 60° anniversario dell’insurrezione della popolazione di Lhasa, contro l’occupazione militare cinese. Nella repressione che seguì l’insurrezione del 10 marzo 1959, i cinesi uccisero 87 mila tibetani. Decine di migliaia di tibenai presero la via dell’esilio. Oggi, i tibetani in tutto il mondo, assieme alla loro guida spirituale, Sua Santità il 14mo Dalai Lama, ricordano il 10 marzo. Chiedono al mondo attenzione, conoscenza e solidarietà, per un Tibet libero.
Affinità storiche fra Tibet e Sud
I meridionalisti democratici ricordano con grande emozione le affinità storiche fra quanto sia successo ai tibetani e quello che è successo alla nostra gente. Il comunisti cinesi di Mao invasero il Tibet senza alcuna dichiarazione di guerra, per “unirlo” alla madre patria cinese. I Savoia e i loro lacchè garibaldini invasero il Regno delle Due Sicilie con la stessa pretesa unitaria. I cinesi portarono a Pechino l’oro dei templi buddhisti tibetani così come i piemontesi resero “italiano” il Banco di Napoli, con le sue grandi riserve auree. I cinesi soppressero nel sangue la resistenza tibetana, così come il generale Cialdini e il nuovo Regno d’Italia soppressero quella dei nostri “briganti”.
La lingua tibetana è trattata dai cinesi in Tibet come un dialetto così come il napoletano e il siciliano sono trattati dall’Italia. Milioni di tibetani fanno parte della diaspora all’estero, così come gli ex cittadini del Regno delle Due Sicilie sono emigrati in tutto il mondo.
I tibetani, tuttavia, a differenza dei nostri popoli, hanno costruito istituzioni culturali e politiche all’estero, in particolare in India, per difendere l’identità. Nel Sud Italia, invece, si subisce la colonizzazione culturale italiana, a partire dalla mancata difesa delle nostre lingue. I tibetani insegnano all’estero a scrivere in tibetano e in patria insistono con i cinesi nel permettere l’insegnamento del tibetano nelle scuole. A Napoli, il numero di napoletani che sanno scrivere la nostra nobile lingua si è assottigliata nel corso degli anni.
PER il Tibet libero e per un Sud rappresentato e autonomo
I meridionali hanno un grande vantaggio rispetto ai tibetani, perché vivono in un regime democratico. In Italia vige lo stato di diritto. I meridionali hanno a disposizione tutti i mezzi nonviolenti e legali per lottare contro la discriminazione territoriale, in atto dal 1861 ad oggi. I tibetani, invece, perché vivono sotto una terribile occupazione militare che reprime qualsiasi manifestazione di dissenso, costruiscono istituzioni culturali e politiche all’estero.
Il Sud deve creare un grande movimento di massa, nonviolento, solidale e identitario, per eleggere al parlamento italiano veri e genuini rappresentanti del territorio. La strada verso la confederazione dei movimenti identitari è un percorso obbligatorio verso la costruzione di una formazione politica unitaria.
In occasione del 60° anniversario dell’insurrezione tibetana, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo tibetano e ai suoi legittimi rappresentanti presso il Governo Tibetano in esilio a Dharamsala, India.