Napoletanità e napoletaneria
Gigi Di Fiore ci ha ricordato nel suo libro “La Nazione Napoletana” la distinzione fatta dal compianto giornalista-scrittore Peppe D’Avanzo fra “napoletanità” e “napoletaneria”. La chiusura de “La Nazione Napoletana” è un forte monito per chi si batte per Napoli e per tutto il Sud:
“È proprio la cultura dell’approssimazione a uccidere le identità meridionali. D’Avanzo invitò ad andare oltre la “contemplazione soddisfatta di se stessi”. E coniò due termini in netto contrasto tra loro: la “napoletaneria”, forma di degenerazione della “napoletanità” che, invece, è cultura, identità, tradizione, storia. La napoletanità, dunque, come continuazione culturale della Nazione napoletana.
La napoletaneria ne è la brutta copia, la vuota esteriorità, l’indugiare pigro nello sterile vittimismo. È il dissidio, tra chi coltiva le proprie origini, le diffonde pretendendo rispetto nell’impegno da protagonista della propria storia e chi, invece, preferisce ignorarle rappresentandone la peggiore parte esteriore. Sta a tutti i meridionali distinguere tra napoletanità e napoletaneria. Per non essere travolti e costruire una speranza per il Sud, che è ricchezza di tutta l’Italia.”
Il nuovo libro: “Napoletanità, dai Borbone a Pino Daniele”
“Napoletanità, dai Borbone a Pino Daniele” è il titolo del nuovo libro di Gigi Di Fiore (editore Utet), in uscita per martedì 22 ottobre. La prima presentazione si terrà alle 18 dello stesso giorno alla libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli con Enzo D’Errico, Diego de Silva e Titti Marrone. Il libro è un completamento del lavoro ventennale di Di Fiore, stavolta focalizzato sulla Napoli di ieri per descrivere quella di oggi che ha perso la sua centralità in molte istituzioni e appare priva di progetti.
«La napolitudine ormai è diventata troppo scontata, si è prostituita. Sono stati sfruttati proprio i canoni napoletani per fare soldi.» Così si sfogava già quarant’anni fa Pino Daniele in un’intervista in cui spiegava il suo difficile rapporto con il capoluogo campano. In un suo studio, Benedetto Croce, napoletano d’adozione, aveva invece definito la città, approfondendo una convinzione medioevale, «un Paradiso abitato da diavoli».
Goethe e Lucio Dalla
Anni prima, durante il suo grand tour, un Goethe estasiato appuntava nei suoi diari: «vedi Napoli e poi muori». Due secoli dopo Lucio Dalla dichiarava alla città tutto il suo amore: «Napoli è il mistero della vita, bene e male si confondono».
Metropoli che trasuda energia vitale e creatività artistica, scenario ricorrente per la cronaca nera, Napoli è forse la città che più al mondo riesce a spaccare in due i giudizi sul suo conto: amore assoluto o odio incondizionato. Ma qual è l’anima profonda di questa città, caotica e sempre più affollata di turisti, oggetto misterioso e bersaglio di tanti pregiudizi? Napoli non è solo antichi palazzi e bellezze naturali, leggende e abitudini popolari, a formare la “napoletanità” contribuiscono la sua storia millenaria, il susseguirsi di speranze tradite e sogni irrealizzati, i suoi riferimenti culturali, i suoi artisti, scrittori, attori, musicisti.
Dai Borbone a Pino Daniele
Partendo dal lungo dominio Borbone per arrivare fino a oggi, Gigi Di Fiore scava nel ventre della Napoli cafona e sguaiata, vittima di se stessa e di giudizi preconfezionati. Segue racconti personali e testimonianze di napoletani illustri e non. Compie un viaggio appassionato alla ricerca di una napoletanità orgogliosa della sua storia e della sua cultura: un atto d’amore privato e collettivo.
“Napoli non è solo una città, ma un modo d’essere, un luogo dove folklore e identità, stereotipi e verità convivono e si confondono”
(Booktrailer by Sergio Siano – musica Marco Gesualdi)