Fabbisogni standard: dall’asilo cominci a essere del Sud. Rilanciamo un articolo di Lino Patruno pubblicato il 5 aprile 2019 sulla Gazzetta del Mezzogiorno.
Ah, se le mamme terrone potessero lasciare i loro bimbi agli asili nido pubblici. Potrebbero pensare a lavorare o a non abbandonare il lavoro appena, appunto, diventano mamme. Un lavoro in più in famiglia non sarebbe affatto male, un’altra entrata, di questi tempi. A quel punto potrebbero anche pensare a un altro figlio e non solo a quello unico perché oltre non si può andare. E poi, un asilo nido non è soltanto un parcheggio per non tenere i piccoli a casa. È una scuola anticipata che incide sulla migliore formazione dei futuri studenti. Tante cose si potrebbero fare se quegli asili ci fossero a sufficienza. Se ci fossero. Ché infatti non ci sono: per la serie, Sud come un destino anche in questo caso.
Asili: l’Italia non è un Paese “baby friendly”.
Il fatto è che, come si dice oggi, l’Italia non è un Paese <baby friendly>, amico dei bambini. E figuriamoci il Sud. Secondo i piani europei, la copertura nazionale dovrebbe essere del 33 per cento. Cifre appena pubblicate: raggiunta solo in cinque regioni su 21. Di dove? Ma del Nord, a parte l’Umbria. Percentuali due-tre volte inferiori al Sud. Entrambe al 14,5 per cento Puglia e Basilicata. Ecco, si sente già il coro, ecco il solito Sud i cui servizi pubblici sono una delle ragioni per cui è meglio andarsene. Ecco la cattiva amministrazione per la quale non possono prendersela con gli altri. Ecco la differenza col Nord in cui tutto funziona a meraviglia. Ecco. Se davvero fosse così.
Numero degli asili in base ai fabbisogni standard
Tanto per cominciare, quella per gli asili è una spesa dello Stato che passa i fondi ai Comuni. E in un Paese in cui non ci fossero figli e figliastri, non ci dovrebbero essere anche qui un Nord e un Sud. Ci dovrebbero essere i fabbisogni standard, cioè il calcolo dei bambini che hai e degli asili che ti servono. Come dice il mitico federalismo che avrebbe dovuto essere un modello di giustizia da sventolare ai quattro venti. Bastava mandare in giro un po’ di ispettori e si sarebbe fatta. Ma, del federalismo, il Sud ha avuto finora solo il peggio: meno soldi e più tasse. Ci fosse stato il calcolo del fabbisogno, si sarebbero scoperte tante magagne. Compresa quella per gli asili.
Il Sud danneggiato dalla “spesa storica”
Siccome si fanno sempre le cose all’ultimo momento (diciamo così), e non essendoci il calcolo dei fabbisogni, beh allora per l’ultima volta andiamo avanti con la cosiddetta <spesa storica>. Questo il cosiddetto criterio. Se tu hai avuto finora dieci, ti diamo dieci. Se tu hai avuto finora zero, ti diamo zero perché significa che non hai bisogno. Così al Sud ci sono paesi interi in cui non c’è un asilo perché non glielo hanno mai dato, non perché non ne avessero bisogno. La cicogna ci poteva pensare prima. Alla faccia delle mamme, ché i loro pezzi di cuore se li sbolognino loro o paghino l’asilo privato mentre a Milano dove sono più ricchi vanno gratis.
I fabbisogni standard disattesi al sud
Spesa storica come condanna storica. Avesse fatto diversamente, lo Stato avrebbe dovuto ammettere anche questo divario. E avrebbe dovuto preoccuparsi di coprirlo dispiacendo gli asili forti del Nord perché, col debito galoppante, la torta da dividere è sempre quella. Avrebbe dovuto ammettere che il Sud non si lamenta ma chiede giustizia. Più facile avere un appuntamento da Scarlet Johansson. Così, per esempio, Bari (che pure non è una landa sperduta) ha il 25 per cento meno di Venezia. E questo incide, eccome se incide, su quella qualità della vita che certificano sempre più bassa al Sud. Ma con l’aria secondo cui il Sud dovrebbe vergognarsene quando invece dovrebbero chiedergli scusa.
Tutto il percorso scolastico a Sud riceve meno finanziamenti del Nord
Incide anche su tante altre cose. Perché non dovrebbe essere indifferente poter andare alla materna, all’asilo, avere il tempo pieno a scuola, lo scuolabus, la mensa, la biblioteca, addirittura la lezione privata. O non averli. Vivere nel benessere o nel malessere. Poi vengono a fare le prove Invalsi e puntano il dito contro i ragazzi del Sud inadeguati in italiano e in matematica. Quand’anche fossero prove al di sopra di ogni sospetto, nessuno si preoccupa di andare a vedere cosa è successo, anzi non successo, prima. Se ci aggiungi le università del Sud meno finanziate perché meno ricche (non è una battuta), questi ragazzi dovrebbero essere uno sfacelo. Proprio meridionali.
“Tu non sembri meridionale”
Finché non scopri che, costretti ad andare via, sono sempre fra i migliori di tutti in terra straniera. Perché abituati e temprati a tutto, mica mammolette. Tanto che <tu non sembri meridionale>, gli dicono sorpresi nel loro pregiudizio smentito. L’uomo è figlio del contesto in cui vive, ammonisce il Nobel indiano Amartya Sen. Il contesto è anche un asilo nido. Ragione principale per cui, tu Sud, non devi averlo.
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La posizione della Confederazione dei Movimenti Identitari
La Confederazione dei Movimenti Identitari condivide l’analisi di Lino Patruno. CMI rimarca il proseguimento della politica di squilibrio territoriale a danno dei nostri territori e chiede con forza di utilizzare immediatamente i criteri di fabbisogno standard certificati in modo imparziale e con una compensazione immediata l’anno seguente alla mancata applicazione degli stessi. Vanno messi all’indice e sollecitati con forza i parlamentari di ogni schieramento eletti a Sud che non intervengono con forza ed evidenza per tutelare i nostri interessi territoriali con atti di evidenza pubblica. Basta collusioni con chi fa subire l’apartheid degli asili ai nostri bambini.
–Alessandro Citarella — Portavoce CMI