Riflessioni sugli eventi in Catalogna
Pubblichiamo due riflessioni meridionaliste sugli eventi in Catalogna e una di un giornalista e scrittore argentino che avverte dei pericoli dell’uso del concetto di “Patria”.
Il primo articolo è di Roberto Longo, Coordinatore dei Meridionalisti Democratici in Calabria. Il secondo è un estratto di un articolo del sociologo meridionalista Marco Rossano, che vive a Barcellona, pubblicato dai nostri amici meridionalisti di Unione Mediterranea. La terza riflessione è un estratto di un articolo sui pericoli del concetto di Patria di Martín Caparrós, giornalista e scrittore argentino. L’articolo è stato pubblicato dal New York Times qualche giorno prima del referendum catalano.
Catalogna e velleità di un Sud indipendente
— Roberto Longo – Coordinatore dei Meridionalisti Democratici in Calabria
La vicenda della Catalogna fa riflettere sulla velleità di un Sud indipendente. Per tanti motivi:
- la classe politica catalana si è dimostrata compatta contro il potere centrale, oltre ad aver dimostrato notevoli capacità amministrative. Nel Sud la nostra classe politica è incapace, servile e prona al potere centrale, sia governativo che dei singoli partiti;
- la popolazione catalana si è divisa tra chi è andato a votare e tra chi non ci è andato forse perché contrario all’indipendenza o per altri motivi. Negli scontri con la polizia le persone davanti ai seggi erano compatte nella difesa della libertà di voto e addirittura allo sciopero generale ha aderito anche il Barcellona Calcio. Nel sud non ci sarebbero stati scontri con la polizia, ma tra cittadini favorevoli e contrari: il lavoro sporco al sud (dopo la guerra civile del 1860/70) lo hanno sempre fatto gli ascari;
- al Sud gli indipendentisti saranno lo 0,1 % della popolazione e non il 40% circa come in Catalogna;
- l’Unione Europea sta ignorando la Catalogna, facendo capire che non la farebbe entrare nell’UE, stesso comportamento che assumerebbe con un Sud indipendente condannandolo all’isolamento in un momento in cui c’è la disgregazione degli Stati africani mediterranei.
Nel Sud Italia non esiste una classe dirigenti identitaria e competente
Morale: i meridionalisti che parlano e che scrivono di un sud indipendente probabilmente vivono solo nel mondo delle favole di Facebook e non si rendono conto che la strada della crescita culturale nell’ottica indipendentista è ancora lunghissima, di gran lunga indietro rispetto a Scozia e Catalogna. E poi anche se con un tocco di bacchetta magica si ottenesse l’indipendenza, a quale classe politica verrebbe affidato il nuovo Stato?
Urge continuare la battaglia culturale per la riscoperta della verità storica
Rimedi: è necessaria una battaglia culturale che trasformi l’avvenuta riscoperta della verità storica in dignità di popolo, partendo dai piccoli gesti di tutti i giorni.
Lo stato attuale di questo passaggio è veramente pessimo e di frequente sono gli stessi movimenti meridionalisti ed i personaggi che li popolano a far fare passi indietro allontanando chi si avvicina. Da questo punto di vista sono contento di trovarmi nei Meridionalisti Democratici tra persone molto serie e posate. Grazie a tutti.
Il muro contro muro non serve a nessuno
—Marco Rossano, sociologo
Un dato è certo. L’autoritarismo del governo Rajoy ha portato a una radicalizzazione dello scontro. La grande maggioranza dei catalani vuole un referendum, vuole poter decidere il proprio futuro. Ma, a mio avviso, il referendum di cui ci sarebbe bisogno non è questo organizzato dal governo catalano in violazione della legge e dei principi democratici. La democrazia e la libertà non si esercitano solo nella possibilità di votare, sacrosanta e legittima, ma anche nel rispetto dello stato di diritto e delle minoranze che tanto minoranze non sono. Il muro contro muro non serve a nessuno e porterà solo a un vicolo cieco. L’unica via è quella del dialogo che né il governo spagnolo né quello catalano sembrano voler perseguire.
Link per leggere l’intero articolo di Marco Rossano
Tutti usano il concetto di Patria
—Martín Caparrós, giornalista e scrittore argentino
La patria è un’idea paranoica, che funziona in relazione a una minaccia esterna, e la paranoia è una merce che si vende sempre facilmente. Entusiasmarsi con la patria è facile. È facile credersi diversi dagli altri, è facile credersi migliori degli altri. È facile credere che tutti i mali vengano da quelli che si trovano più lontani, quelli che non sono nostri parenti, che non sono nostri vicini, che non sono dei nostri. È più comodo, più rassicurante: evita vari problemi ed evita soprattutto lo sforzo di dover pensare.
Il maggior effetto della patria è appiattire le differenze, le sfumature: fa in modo che qualsiasi altra considerazione scompaia di fronte alla forza di questo gruppo di, così si dice, uguali. Di fronte all’aumento, negli ultimi anni, delle disuguaglianze nella società catalana, come nel resto di quella spagnola, dovuto alla concentrazione della ricchezza, alla perdita di posti di lavoro e agli errori economici, la cosa più facile per molti catalani è stato dire “Espanya ens roba” (la Spagna ci rapina). È quanto hanno fatto anche i britannici che hanno votato a favore della Brexit o gli statunitensi che hanno votato per Trump. Ed ecco i risultati.
Leggi l’intero articolo di Martín Caparrós pubblicato il 29 settembre 2017 sul sito Internazionale